La Bancarella del Professore Intervista a Alberto Maccaroni di Carolina Germini

In Iraq i mercati dei libri restano incustoditi la notte per strada perché gli iracheni credono che: «Un lettore non ruba e un ladro non legge». Una delle tante leggi non scritte che silenziosamente regolano il mondo.
Quando all’alba dello scorso 9 luglio a Roma la storica bancarella del professore è stata inghiottita dalle fiamme, è stato impossibile non pensare al rogo dei libri che si compì la sera del 10 maggio 1933 a Berlino, a Babelplatz, dove oggi, a ricordo di quell’evento, sotto il pavimento della piazza è custodita una libreria vuota. In quell’occasione bruciarono le opere di Sigmund Freud, Thomas Mann, Karl Marx e molti altri autori il cui pensiero avrebbe contaminato, secondo l’ideologia nazista, la purezza della cultura ariana.
Difficile immaginare che dietro l’incendio della bancarella a Piazzale Flaminio possa celarsi un simile pensiero. Ma una cosa è certa: chi, quella mattina, ha deciso di compiere quel gesto, sicuramente non legge. In un’estate in cui regna lo smarrimento, ancor più forte dopo questa notizia, il proverbio iracheno ha ancora il potere di difenderci. Dopo aver appreso la notizia, lettori di ogni città d’Italia hanno deciso di reagire sostenendo quest’attività nell’unico modo possibile: inviando libri. E allora è vero che l’azione è l’unica strada contro lo scoraggiamento, come sostiene Alberto Maccaroni, il professore in persona. È lui che qui vent’anni fa ha dato inizio a tutto questo. Mentre mi racconta questa storia, il telefono gli squilla in continuazione. Si tratta sempre di libri, libri da andare a recuperare in qualche vecchia soffitta, libri di cui qualcuno vuole liberarsi, spesso con grande dispiacere. 

Si ricorda di un incontro in particolare legato ai libri? 

Sì, quando un giorno andai a casa di un amico che aveva libri dappertutto, anche negli scaffali e nelle mensole della cucina. La moglie avrebbe voluto disfarsene ma per lui era una sofferenza incredibile. Io lo capii e così me ne andai via con una scusa. Cambiò completamente espressione. Era sollevato all’idea che non avrei più portato via i suoi libri.

Qual è l’aspetto che più le piace del suo lavoro? 

Il fatto che la bancarella attiri tutti generi di personaggi, dai più semplici ai più complicati. È un richiamo per le persone, questa in particolare perché Piazzale Flaminio è un luogo di passaggio per molti. Mentre fai una passeggiata qui intorno, è normale che poi ti fermi a guardare i libri. Il bello, poi, di stare qui è che sei circondato dall’arte. A due passi abbiamo un Caravaggio nella Chiesa di Santa Maria del Popolo, qui vicino per esempio abitava Trilussa e poi è pieno di accademie d’arte.

Come sceglie i libri? 

Tendo a privilegiare libri di studio. A volte prendo anche libri di narrativa, ma se posso preferisco sempre dare spazio alla saggistica.

Come hanno reagito le persone alla notizia dell’incendio? 

Non posso neanche descriverlo. Mi hanno telefonato amici che non sentivo da vent’anni. Una reazione davvero inaspettata. È venuto anche il sindaco a darmi un saluto. la presidente del II Municipio ha organizzato una raccolta di libri per sostenermi. Tutti i libri che vedi adesso sono frutto di donazione. Grazie alla generosità delle persone che ci hanno letteralmente travolto di libri, siamo riusciti a riaprire in solo cinque giorni. E penso veramente che adesso siamo più forti di prima. Vorrei che questo episodio fosse un esempio soprattutto per i ragazzi. Non bisogna scoraggiarsi. E l’unico modo per non farlo è agire. Agire sempre.