L’homo felix è dietro la porta di Alessandra Bernocco

Foto di Stefano Vaja

«Non possiamo credere di essere arrivati alla fine della Storia, è innaturale e non serve a migliorare la nostra esistenza, le relazioni tra gli uomini. Una diversa idea di comunità fatta di persone sensibili è il futuro della nostra terra. L’homo sapiens è solo una fase, dobbiamo lavorare per guadagnarci l’homo felix, dobbiamo far crescere in noi la ricerca della libertà, dell’amore, della felicità. Dobbiamo ricominciare a sognare un nuovo uomo e imporlo alla realtà».
Così Armando Punzo su Naturae – La valle della Permanenza, lo spettacolo da lui scritto e diretto che completa il percorso Progetto Naturae avviato nel 2015 con Shakespeare know well, e coerente con quella che è la mission della Fortezza. Cercare nel castigo un po’ di bellezza.
Bellezza che questa compagnia di attori nel carcere di Volterra ha imparato a restituire attraverso il teatro, che è disciplina e condivisione, messa a nudo e riscatto: riscatto che da individuale si fa collettivo.
Assistere a una “fatica” della Fortezza – dico fatica proprio perché l’impressione è che su questi attori reclusi gravi un peso sociale che è anche il nostro – significa condividere quel peso o almeno provare a comprenderlo. E attraverso di loro dare inizio a un nostro intimo percorso di liberazione. Proviamo a invertire il meccanismo del capro espiatorio, facendoci carico, come possiamo, di colpe che non siamo chiamati a scontare. Colpe che non abbiamo commesso ma che ci riguardano come esseri umani e sociali. Una sfida, una scommessa, una disposizione d’animo che loro sembrano chiederti. Rispondere è naturale. Non tiriamoci fuori. Non facciamo finta di niente.
Può succedere che nella deriva globale in cui siamo travolti troviamo proprio lì un appiglio a cui aggrapparci, una luce nel buio, un po’ di ordine nel caos che sta fuori.
Cercare l’ordine e la bellezza nella natura umana è quello che Punzo si è dichiaratamente prefisso, provando a ripensare e riscattare l’essere umano da quella che definisce una “superstizione”: l’idea che l’uomo si ripeta all’infinito sempre uguale a sé stesso, senza alcuna possibilità di cambiamento.
Lo spettacolo rappresentato dall’11 al 17 luglio nella Fortezza Medicea/Carcere di Volterra, in uno spazio aperto e soleggiato, è il risultato di questa ricerca cominciata otto anni fa che ha visto diverse fasi intermedie e qui variamente confluite.
L’impressione iniziale è quella di entrare in una storia ancora tutta da scrivere. Lo spazio è bianco, quadrettato come un intonso quaderno di scuola.
Un uomo o, meglio, “l’uomo”, Armando Punzo, completamente vestito di nero, regge sul palmo della mano un pallone rosso giocando di equilibrio.

Foto di Stefano Vaja

Una voce fuori campo ci avverte che si vuole “cancellare la realtà”. Riscriverla, ridisegnarla, ma alla luce di nuovi equilibri.
A mano a mano, ma lentamente, lo spazio si popola, il quaderno si scrive di nuove storie e nuove formule, colori accordati in cui dominano bianco, nero e rosso.
Ci sono segni chiari di protezione, mani che scortano, guidano, indirizzano. Gesti rituali che affondano in tradizioni antiche: tappeti neri srotolati a vista, vassoi ricolmi di frutta, farina sparsa o versata con attenzione, travasi di acqua da una coppa all’altra.
Si intravedono o annunciano prospettive nuove e lontane da conquistarsi con un atto di fiducia: salire in cima a una scala a pioli retta da due uomini forti e fidarsi, comunicare loro che sei nelle loro mani e nelle loro intenzioni.  Allora sì, se sapranno reggerti saldamente potrai godere di una visuale più ampia, e magari provare a indicare loro una strada con quel lungo bastone rosso che orienti in cerca di una terra ospitale, tutta da esplorare.

Foto di Stefano Vaja

C’è un forte simbolismo, non sempre decodificabile in modo immediato, non sempre diretto ma che arriva grazie a immagini dense e pastose, di grande fascinazione, figure ascrivibili all’iconografia classica come l’uovo gigante, segno di chiaroveggenza e rinascita, mentre una voce esorta a “creare un’altra mitologia”. Grandi mani a dimensione di corpo, volti e corpi stuccati di bianco totale, sangue versato sul capo che cola come un’offerta su un corpo quasi nudo, maschere animali di chiaro repertorio shakespeariano, un uomo in nero con un lampione in mano che gli illumina la metà del volto, dipinto di giallo: l’ombra e la luce di là da venire, il prima e il poi, il passato e il futuro in un presente lento, sospeso come la sua camminata lieve, perché c’è sempre un punto in cui «l’ombra si ricongiunge con il sole, la goccia rientra nel mare e respiri segreti si fondono con altri respiri».
I nostri, forse, se decidiamo di non trattenerli, mentre un attore, immobile, ci guarda dritto negli occhi per alcuni secondi.
C’è, accanto alle immagini che si susseguono come quadri, nuova iconografia da tenere stretta nella memoria, una ricerca di relazione, uno sguardo lanciato di fuori, non direi una sfida ma una richiesta: di aiuto? Non so, forse di un segno del nostro esserci, del nostro essere lì ancora per un po’, del nostro restare quando ce ne saremo andati.
Apriamo, apriteci, sembra dire l’attore che bussa sempre più forte a una porta, dopo un passo a due in cui ha imparato a danzare da solo e a continuare a sorridere. Fatevi carico. Perché noi, il carico, lo stiamo portando.

Foto di Stefano Vaja

Ce lo ripete Atlante nel corpo di un altro attore robusto, pletorico, nero, con sulle spalle l’intera struttura metallica, una sorta di doppio quadro svedese e multifunzione, che qui è il mondo tutto che vorticosamente gira.  Atlante è felice, sorride, e sembra che il mondo stesso si sia alleggerito. Una nuova mitologia si sta annunciando. L’homo felix è dietro la porta, ci sta parlando da «un presente parallelo che ricrea la vita» che prima o poi sarà.
Ecco, è folle cercare in un carcere un po’ di speranza, è difficile trovare dentro le mura spesse di una fortezza la via di una coscienza che vuole rinascere, ma non impossibile.
In questo tempo cattivo, che ci perseguita senza tregua rubandoci l’aria, un po’ di linfa vitale l’abbiamo trovata qui, grazie al teatro e alla poesia di uomini e donne a cui credevamo che l’aria mancasse.
Non so se là fuori, anzi qui fuori, le cose buttino meglio, non credo, ma questo aiuto a tener desta la tensione utopica che rema contro la morte, è stato provvidenziale. Grazie.
Alla realizzazione dello spettacolo hanno contribuito 400 detenuti che partecipano a percorsi di formazione professionale nei mestieri del teatro che riguardano non solo attori e drammaturghi, ma anche scenografi, costumisti e truccatori.

Naturae – La valle della Permanenza

regia e drammaturgia Armando Punzo
cura e direzione organizzativa Cinzia De Felice
organizzazione generale Carte Blanche
musiche originali e sound design Andreino Salvadori
scene Alessandro Marzetti
costumi Emanuela Dall’aglio
movimenti Pascale Piscina
aiuto regia Laura Cleri
assistente alla regia Alice Toccacieli
aiuto scenografo Yuri Punzo
collaborazione alle scenografie Luca Dal Pozzo, Marian Iosif Petru, Domenico Prospero, Luisa Raimondi
assistenti ai costumi Tarek Omezzine, Romeo Bogdan Erdei, Pasquale Concas, Marta Panciera, Francesca Mandalà, Sara Fazio, Irene D’alò, Serena Dibiase
collaborazione drammaturgica Alice Toccacieli, Francesca Tisano, Fabio Valentino, Paul Cocian
collaborazione artistica Elisa Betti, Rossella Menna, Elena Turchi
in scena Abd Al Monssif Abd Arahma, Ciro Afeltra, Arduini Alessandro, Saverio Barbera, Nicola Maria Giuseppe Bella, Francesco Bellinghieri, Amaell Ben Nour, Nikholas Ssis Braz Berardi, Paolo Brucci, Valentin Bucur, Angelo Busacca, Francesco Cavallaro, Daniel Chukwuka, Paul Andrei Cocian, Pasquale Concas, Giovanni Cubito, Cuka Ismet, Lucio Di Iorio, Fabrizio Dipasquale, Armando Di Puoti, Romeo Bogdan Erdei, Fallica Salvatore, Salvatore Farina, Giovanni Fontana, Federico Furlan, Salvatore Giordano, Francesco Guardo, Rezeg Hamadi, Antonio Iazzetta, Naser Kermeni, Nik Kodra, Urim Laci, Patrik Lacomare, Antonio Lanzano, Li Jin Jie, Giuseppe Licata, Alessandro Lorena, Vito Maenza, Emanuele Matarazzo, Luca Matarazzo, Amin Montassir, Antonio Nastro, Arjon Nezhai, Tarek Omezzine, Marian Iosif Petru, Fernando Poruthotage, Fabio Prete, Domenico Prospero, Massimiliano Quartarone, Arian Quku,Elio Rotnodale, Marco Ruggieri, Ivan Savic, Saimir Serjani, Marian Jan Stamate, Salvatore Stendardo, Timon Tarantino, Dritan Ternova, Fabio Valentino, Alessandro Ventriglia, Stefano Vezzani Zou Zhi Peng.
Elisa Betti, Francesca Tisano, Isabella Brogi, Armando Punzo, Andreino Salvadori.
PROGETTO NATURAE 2022. Direzione artistica Armando Punzo.
Progetto speciale per Volterra Prima Città Toscana della Cultura 2022.

Fortezza Medicea, Volterra, dall’11 al 17 luglio 2022.