Marina Cicogna: il documento sull’icona della produzione cinematografica di stile di Elisabetta Castiglioni

Foto di Giorgio Schirato

Uscito in sala a novembre dello scorso anno, candidato in cinquina ai Nastri d’Argento 2022,  detentore di prestigiosi premi tra cui il Frames Award della Roma Lazio Film Commission e Mia Market alla Festa del Cinema di Roma e prossimamente in onda in Francia sul circuito Canal+ Cine+, il documentario sulla produttrice Marina Cicogna Mozzoni Volpi di Misurata, classe 1934 e impresaria di una vita ricca di fatiche, successi, dolori e soddisfazioni, merita di essere visto – magari prossimamente anche sui nostri circuiti televisivi nazionali – perché racconta impeccabilmente, dal “di dentro” di una donna, un significativo pezzo della nostra storia cinematografica. Negli archivi mnemonici dell’impresaria culturale amante del Bello e dello Stile, nipote del Conte Giuseppe Volpi di Misurata che ideò il festival del cinema veneziano, passano in rassegna non solo una sterminata quantità di artisti internazionali (impossibile citarli tutti!) ma emerge il concetto di una Volontà di ferro che autonomamente ha saputo investire una parte del patrimonio di famiglia su operazioni assolutamente vincenti che ne hanno forgiato il carattere, mettendone in molti casi a dura prova le energie mentali.
La lotta per dimostrare le proprie idee in un passato maschilista di fatto, la grinta di scommettere in anticipo su produzioni potenzialmente pericolose in una società moralista, il diritto di difendere i propri credi sentimentali (sua compagna fu l’attrice Florinda Bolkan), la razionalità di elaborare un grave lutto come la perdita di un fratello suicida oppresso dai debiti di un fallimento, la forza interiore di affrontare en passant un tumore pur continuando a concentrarsi sulla propria energia positiva e soprattutto la sua spiazzante ironia in frasi brevi e concise per liquidare un atteggiamento altrui sbagliato, fanno di Marina Cicogna un gigantesco personaggio che ha saputo destreggiarsi nel backstage dello schermo e di una vita affascinante – che in molti invidierebbero – ma anche molto tormentata.

Archivio Mozzoni Cicogna

Questi tratti, nella ricostruzione della sua storia – un racconto autobiografico sincero e diretto che va oltre anche la seduta di qualsiasi psicoanalista – emergono abilmente in un montaggio serrato condito da riprese suggestive dei suoi luoghi del cuore – Venezia, Milano, Roma – e sono condite da testimonianze ad effetto, tra cui il direttore creativo della Maison Gucci Alessandro Michele, la regista Liliana Cavani, il presidente della Biennale Venezia Roberto Cicutto e l’attuale compagna Benedetta Gardona con cui Marina ha deciso di vivere, a Modena.
Una regia intima e delicata, quella di Andrea Bettinetti ed una fotografia curata nei particolari più minimi, quella firmata da Maura Morales Bergmann, dove la luce degli occhi espressivi della protagonista guida la trama dei suoi preziosi ricordi. Una sorta di libro animato indispensabile per chi vuole conoscere molti “dietro le quinte” della grande stagione del cinema italiano d’autore tra la fine degli anni Sessanta e i Settanta, un periodo storico al centro del jet set in cui la moda andava a braccetto con la trasgressione e dove la scrittura e l’interpretazione, dirette da un fiuto produttivo di puro talento, erano dispensatrici di messaggi di altissima qualità. I film realizzati da Marina Cicogna fanno parte di un nostro specifico immaginario collettivo, dagli occhi all’anima, e i suoi riconoscimenti più importanti non sono da meno se pensiamo al premio Oscar per Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri (anche Grand Prix Spécial du Jury a Cannes), alla Palma d’oro per La classe operaia va in paradiso, sempre di Elio Petri, e al Leone d’Oro con Belle de jour di Luis Buñuel a Venezia. Un’aristocratica coraggiosa ma soprattutto una donna libera nel pensiero che ha concretizzato ciò in cui ha creduto, che ha subìto ma ha anche reagito alle avversità superando di petto ogni ostacolo che ne poteva intralciare il percorso che si era prefisso. Il suo meraviglioso racconto, che si sposa amabilmente con il sottotitolo del film La vita e tutto il resto, apre le porte a un firmamento di stelle della nostra memoria ed è altresì funzionale ad imprimere a chi ama la storia contemporanea, un rilevante tessuto conoscitivo da cui emerge un modello di coraggio, determinazione e amore autentico per l’opera cinematografica. E di questo vanno ringraziati in primis i produttori, Riccardo Biadene, di Kama Productions, e Carole Solive per l’intuizione e gli sforzi adoperati nella realizzazione di un documentario che, auspichiamo, potrà avere ancora lunghissima vita.

 Casa del Cinema di Roma, Teatro all’aperto Ettore Scola, 15 giugno 2022.