La geometria del desiderio: “Tradimenti” di Harold Pinter di Carolina Germini

Foto di Luca Del Pia

«Non è mica furberia la mia. È solo il trucco della memoria. La memoria è così. Comincia tutto dall’ultimo istante, si riavvolge all’indietro». Con queste parole Harold Pinter provò a spiegare l’originale costruzione di una delle sue opere teatrali più conosciute, Tradimenti, con cui debuttò a Londra nel 1978. Si parte dalla fine e attraverso un magnifico processo di decostruzione si torna al punto di partenza. Nella messa in scena di Michele Sinisi, in questi giorni al Teatro Basilica, la memoria, coerentemente con l’idea di Pinter, è trattata come una macchina: una parete di rame su cui sono iscritti, esattamente come si iscrive il ricordo, gli anni e i luoghi più significativi che hanno segnato gli incontri tra i personaggi. Questa struttura quadrata e ingombrante che domina la scena non può non far pensare al “notes magico” descritto da Freud e ripreso da Derrida per spiegare il funzionamento dell’apparato psichico. Si tratta di una tavoletta di cera sulla quale poggia un foglio sottile di celluloide, che ha due strati. Eliminando quello sottostante, ecco che la superficie, su cui erano stati iscritti dei segni, torna improvvisamente vergine. Ma ciò che resta è la traccia sulla cera, impossibile da cancellare. Se nel frattempo nella vicenda descritta da Pinter tutto è andato perduto e le relazioni hanno preso una nuova forma, rimane in vita ciò che la memoria trattiene.

Foto di Luca Del Pia

È il 1977 quando Jerry ed Emma si incontrano in un bar a due anni di distanza dalla loro rottura. Di distanza sì, perché ciò che emerge chiaramente in questa rappresentazione è che il tempo, dopo una rottura, agisce sullo spazio. I due vecchi amanti infatti conversano in piedi ai due lati opposti della stanza.  L’imbarazzo che provano nel ritrovarsi è magistralmente reso dagli attori Stefano Braschi e Stefania Medri attraverso le movenze del corpo e le espressioni facciali. Le risate nervose, le frasi di circostanza, i numerosi «Ti ho pensato l’altro giorno» mettono in evidenza tutto il vuoto e la voragine attorno a cui la conversazione prende faticosamente forma. La formalità di questa prima ma in realtà ultima conversazione ne restituisce perfettamente tutto il disagio. Non solo i dialoghi ma anche l’azione è ridotta al minimo, a micromovimenti. All’inizio Jerry ed Emma sono uno di fronte all’altro, poi spezzano questa linea per posizionarsi lungo una diagonale, che conferisce al loro scambio una verticalità inizialmente assente. Ed è proprio seguendo la geometria del desiderio che la regia di Michele Sinisi si muove. In fondo il tradimento comporta proprio questo: ridisegnare continuamente l’ordine dei rapporti, il gioco-forza che li alimenta.

Foto di Luca Del Pia

Ma c’è un altro elemento di originalità a stupire, oltre alla rappresentazione della memoria e al disegno geometrico del gioco delle parti, ed è l’idea che siano i personaggi stessi ad allestire e smontare la scena, spegnendo e accendendo le scritte della scatola della memoria. Sono loro gli artefici, i soli a manovrare il tutto. In fondo chi tradisce si comporta esattamente così, agisce di nascosto dietro le quinte e quando entra in scena finge che non sia successo niente e trova ogni espediente per far credere che sia effettivamente così, come quello di far indossare a Robert delle cuffie per isolarlo dalla musica e tenerlo all’oscuro degli avvenimenti.

Foto di Luca Del Pia

In questa storia assolutamente umana, compare inaspettatamente una figura animale, la testa di un cervo, che Robert indossa per poi abbandonarla su un carrello di metallo, che ricorda quelli usati nelle corsie degli ospedali per trasportare i farmaci. C’è qualcosa di asettico, infatti, in questa scena, in cui vediamo la bava dell’animale cadere a terra così lentamente da scandire quasi il tempo di questa fine, l’esaurirsi di un desiderio, che è stato fino a quel momento il motore di ogni azione. Con tale gesto, Robert getta la maschera simbolicamente, liberandosi dell’immagine dell’uomo tradito e accettando anche la sua natura di traditore. Ed è così che, ancora una volta, la geometria dei ruoli viene riscritta.

Tradimenti

diretto da Michele Sinisi
con Stefano Braschi, Stefania Medri e Michele Sinisi
scene Federico Biancalani
collaborazione artistica Francesco M. Asselta
aiuto regia Nicolò Valandra.

Teatro Basilica, Roma, dal 7 al 12 dicembre 2021.