Il profeta Giona e quella sfida alla misericordia di Dio di Carolina Germini

Foto di Lucia Baldini

«Ti sembra giusto adirarti così?» suona come una frase paterna, un rimprovero a un figlio che non sa ancora distinguere ciò per cui vale la pena arrabbiarsi. Sono le parole che Dio rivolge a Giona, profeta ebraico, che rifiuta l’ordine di recarsi a Ninive, la grande città, per predicare la conversione dei suoi abitanti. Testardamente sceglie di andare nella direzione opposta e di imbarcarsi per Tarshish. Improvvisamente il mare si alza e Giona, sapendo che è l’ira di Dio ad aver scatenato la tempesta, chiede agli uomini in barca con lui di gettarlo in acqua. A quel punto le onde si calmano ma viene inghiottito da un grande pesce e rimane nel suo ventre per tre giorni e tre notti, durante i quali prega Dio e gli promette di offrirgli sacrifici e adempiere i voti che gli ha fatto. «Allora l’Eterno parlò al pesce, ed esso vomitò Giona sull’asciutto».

Foto di Lucia Baldini

La figura di Giona nel Novecento ha ispirato scrittori come Collodi e Melville, che hanno recuperato l’immagine del grande pesce che lo ingoia e lo hanno trasfigurato nella storia di Pinocchio e nel romanzo Moby Dick. La potenza della storia de Il Libro di Giona ha attratto anche la Compagnia XE, diretta da Julie Ann Anzilotti, che lo ha portato in scena il 16 e 17 ottobre al Teatro Niccolini di San Casciano in Val di Pesa. A rompere il silenzio è il danzatore israeliano Avi Kaiser con un canto ebraico. La parola pronunciata occupa lo spazio, facendosi corpo. Giona si muove come dovesse imparare a modellare una materia che non conosce. In questo processo di conoscenza di sé, del mondo e delle regole di Dio da cui è dominato, è metaforicamente accompagnato da due figure femminili: le danzatrici Paola Bedoni e Livia Bartolucci, che rappresentano la sua parte emotiva, le contraddizioni e le resistenze che lo abitano per diventare poi, in alcuni momenti, la realtà stessa. Si fanno tempesta e anche alghe di quel mare in cui Giona affonda.

Foto di Lucia Baldini

La disobbedienza a Dio scatena la natura, dà vita a una lotta a cui è impossibile sopravvivere. La logica dell’Eterno e le ragioni dell’umano si scontrano: quando Giona viene risparmiato e raggiunge finalmente Ninive, deve superare un’altra prova e accettare il perdono e la misericordia di Dio verso quegli uomini che avrebbe dovuto punire. Per consolarlo, il Signore fa crescere accanto al riparo che Giona aveva scelto per sé una pianta di ricino, la cui presenza lo rallegra. Ma il giorno dopo manda un verme a rodere il ricino, facendolo così seccare. Giona a quel punto ripete lo stesso lamento di quando aveva sofferto per la bontà di Dio nei confronti degli abitanti di Ninive: «Meglio per me morire che vivere». E Dio, come già in quell’occasione, gli risponde ancora una volta: «Ti sembra giusto adirarti così?». In fondo di quella pianta che tanto lo aveva consolato Giona non si è preso cura. Se lui si è disperato per la sua morte perché Dio non dovrebbe preoccuparsi dell’umanità, anche quando ha peccato?

Foto di Lucia Baldini

Ti sembra giusto adirarti così?

progetto, coreografia e regia Julie Ann Anzilotti
con la collaborazione del coreografo e danzatore ospite Avi Kaiser
e con Paola Bedoni, Livia Bartolucci
musiche originali eseguite dal vivo Steven Brown e Luc Van Lieshout
scenografia Tiziana Draghi
costumi Loretta Mugnai
sculture da testa Monica Sarsini
disegno luci Alessandro Ruggiero
fonica Davide Cristiani
tecnico Francesco Margarolo
organizzazione Lorenza Tosi
collaborazione Ilaria Baldo
produzione Compagnia Xe.

Teatro Niccolini, San Casciano in Val di Pesa, 16-17 ottobre 2021.