La storia di un camorrista nelle pieghe di una confidenza privata: terzo libro per la giornalista di Metro Orietta Cicchinelli di Laura Novelli

<<La notte, quando spengo la luce, i morti vengono sempre a trovarmi. Quelli che ho ucciso, quelli che ho contribuito a fare fuori e gli altri che i nemici mi hanno ammazzato. (…) Perché sono sopravvissuto solo io? Per soffrire e scontare quaggiù la mia pena?>>.

Si legge così in una delle ultime pagine del bel romanzo Il karma in un paio di scarpe, scritto dalla giornalista romana Orietta Cicchinelli e pubblicato da TUGA Edizioni & Tony Lupetti a fine settembre con prefazione di Elio Sena. A parlare è il protagonista, Antonio, uomo di camorra non più giovane di cui nel libro si ripercorre la vicenda e, tanto più, la parabola umana. Una parabola carica di dolore e disperazione ma anche di coraggio, lealtà, intelligenza.

Con una scrittura asciutta, tesa, quasi “moraviana”, l’autrice – responsabile del servizio Cultura e Spettacoli del quotidiano Metro – racconta decenni di Italia partendo dal punto di vista di Antonio stesso (a monte della scrittura c’è, infatti, una lunga “confessione” autobiografica priva di reticenze e vergogna) e mettendo bene a fuoco il tessuto pietoso, etico, compassionevole di questo malavitoso dall’animo buono. Ora che è fuori dal giro e fuori di galera, ora che è nonno e che vive una vita normale, Antonio si confida ai lettori attraverso lo sguardo lieve e mai giudicante della scrittrice (di cui ricordiamo il precedente Hijo de Puta-La parabola di un legionario e il racconto La madre, dedicato a Vincenzo Cerami) e il lettore accoglie la sua storia in modo semplice, spontaneo, ritrovandovi in fondo qualcosa della propria.

Impossibile accusare, additare. Non fosse altro perché Antonio ha la capacità di riconoscersi colpevole e di cercare senza sosta una redenzione, una luce, una coerenza, un senso alla sua esistenza. Sono proprio le ultime pagine del libro quelle che chiariscono al meglio il bisogno incessante di elevazione spirituale/ morale che fa da perno nevralgico delle sue scelte e delle sue peripezie (ora quasi fortuite, ora lucidamente abbracciate). << (…) Abito a Ponte Galeria, ironia della sorte. (…). Prendo il treno per andare in centro: mi è rimasta la passione del biliardo attaccata addosso come un vestito fatto su misura. Gioco regolarmente in un club a due passi dal Mercato Trionfale: da Chicco mi sento a casa>>.

E il pensiero finale va alla sua famiglia: alla moglie Maria, alla figlia Gina (“una combattente”), al figlio Davide, al nipotino Carmine. E va pure a quel paio di scarpe di cui si allude nel titolo che molti anni prima avevano rappresentato una sorta di vettore verso la malavita. Il motivo per il quale il destino sembrava aver deciso per lui quella strada. Nato nel 1960 a Nocera in una famiglia senza mezzi, è ancora un adolescente quando succede qualcosa che gli cambia la prospettiva futura. Un bel giorno si presenta a scuola con un paio di scarpe troppo lunghe per lui. Diventa oggetto di scherno da parte degli amici e reagisce violentemente. Nel trambusto della rissa colpisce un’insegnante incinta che perde il bambino e viene espulso dall’istituto. In un ambiente sociale depresso e povero come quello in cui vive, Antonio cerca il suo riscatto tentando di fare varie lavoretti. Raggiunge persino il fratello muratore a Firenze. Ma non sopporta di stare sotto padrone. Ritorna a Nocera e il suo destino è tracciato. Difficile sottrarsi a certi traffici, a certe rapine, a un certo giro. Antonio diventa il “cumpariello”; si dedica al commercio illegale di sigarette. Entra nelle grazie di Don Salvo e di Don Raffae’. Con i primi guadagni si compra tre paia di scarpe nuove, due mocassini morbidi e uno stivaletto. Poi arriva la prima incarcerazione. Il rifiuto di legarsi alla Nuova Famiglia, al clan dei Casalesi e ai traffici di eroina. A venticinque anni è considerato “uomo di parola e rispettato”. Una specie di Robin Hood con il senso della giustizia e dell’equità sociale.

La sua vicenda viene ricostruita non sempre in ordine cronologico, anzi i numerosi flashback che si aprono lungo la trama muovono questa biografia avanti e indietro nel tempo seguendo le bizzarrie stesse della grande Storia. La Storia di un’Italia violenta ma anche sofferente e ingiusta. Mentre la nostra Penisola vomita morti e scempi, la storia di Antonio si riempie di nuovi incontri, nuove esperienze. A Roma viene in contatto con la banda della Magliana, poi inizia una lunga latitanza durante la quale organizza colpi e rapine per mandare soldi agli amici e ai familiari dei carcerati. E ancora un no deciso agli affari legati al traffico di stupefacenti. Perché la droga “uccide i nostri figli”. Sarà libero fino all’85, anno in cui viene arrestato e portato a San Vittore, poi all’Ucciardone di Palermo. Conosce Adriana Faranda. Nel supercarcere di Paliano stringe amicizia con Angelo Izzo, condannato per il massacro del Circeo (nel libro vengono edite anche alcune lettere che Izzo stesso gli scrisse). Esce di galera ma nel ’94 verrà di nuovo arrestato per reati regressi. Quattro anni a Rebibbia e, infine, la scarcerazione e l’assegnazione ai servizi sociali.

Oggi trova la forza di raccontare la sua vita ad una giornalista incontrata per caso una mattina d’aprile: <<Aveva letto il mio libro Hijo de Puta-La parabola di un legionario>> – scrive la Cicchinelli nel prologo – << e mi disse di avere una bella storia da raccontare. Così iniziò a snocciolare i suoi ricordi che richiamavano fatti di cronaca lontani da me, fatti noti e meno noti. (…) M’incuriosiva. Dunque posso senz’altro affermare che questo non è un libro inchiesta né vuole essere uno studio sul fenomeno camorra. Non è un libro verità, ma è solo lo sguardo sul mondo di un personaggio particolare, il più silenzioso socio del club di biliardo gestito da mio fratello, un uomo che aveva bisogno di raccontarsi>>.

E l’autrice sa farsi carico di questa storia con grande partecipazione ma anche con quel sano distacco che le permette di non essere mai enfatica, retorica, didascalica. Antonio assomiglia per certi versi al protagonista di Delitto e castigo. La sua reale prigionia è dentro se stesso. Nei suoi ricordi. Nel suo cuore diviso da sentimenti controversi. Tra “opera buona e destino” (come dice la bellissima canzone di Enzo Avitabile che chiude l’opera). Ecco perché il suo dire è tanto umano e luminoso.

Dopo la presentazione del 21 settembre scorso al Club dei Professionisti di Roma, de Il karma in un paio di scarpe si parlerà sabato 27 ottobre al Caffè Letterario di Vincenzo Pultrone (ore 19.30, via Ostiense) e poi al Pisa Book Festival, da Fruttà a Bracciano e Monterosi e nella prestigiosa galleria d’arte capitolina SpazioCima di via Ombrone.

 

Orietta Cicchinelli, Il karma in un paio di scarpe, prefazione di Elio Sena, la copertina del libro è un disegno originale di Gianfranco Esposito, TUGA Edizioni & Tony Lupetti, Bracciano (RM) 2018, pp. 128, euro 10,00.