Ri – trovati – trilogia di Valter Romagnoli di Alfio Petrini

I testi teatrali di Valter Romagnoli hanno il pregio della leggerezza e allo stesso tempo della pregnanza. Parlano al cuore e alla mente del lettore (il testo) o dell’osservatore (lo spettacolo). La pagina scritta, che mette in preventivo un sistema di segni verbali e non verbali e/o la scrittura scenica che ne è la logica conseguenza, assumono il valore di spazi creativi aperti, che consentono di elaborare un’interpretazione autonoma e originale rispetto alla drammaturgia dello scrittore, denominata drammaturgia del lettore e/o dell’osservatore.

Garibaldigaribaldi, Sopranomi bluesy e Smemorati (non rappresentato) sono testi che l’autore ha messo sotto il titolo di Ri-trovati (Casa Editrice Il Formichiere). Hanno la caratteristica di essere attraversati dal potenziale energetico intrinseco alla pluralità dei segni che serve a produrre il pregio indicato nell’incipit. In altre parole si tratta di drammaturgie che si fanno apprezzare per la qualità volatile della materia linguistica che sfrigola nel luogo della contesa, in aree intermediali e sinestetiche. Lo scopo è quello di comunicare ciò che è invisibile e immateriale, ciò che è accaduto ma anche ciò che non è mai accaduto. Scrivere per il teatro significa pertanto cimentarsi in un’arte assai complessa e sofisticata. Vuol dire che il drammaturgo o esclude il riempitivo stucchevole dell’aura poetica e scarta contenuti di natura sociologica, formalismi, psicologismi, descrittivismi, pratiche linguistiche che ignorano la rottura del patto mimetico e spingono a compiere il gesto inutile di doppiare la realtà o si pone come poeta autentico della scena. <<La poesia>> – dice Milan Kundera – <<è in qualche posto là dietro. È là da moltissimo tempo. Il poeta non fa che scoprirla. Scrivere significa, dunque, per il poeta abbattere un muro dietro il quale si nasconde nell’ombra qualcosa d’immutabile (la poesia). Ecco perché (grazie a questo disvelamento sorprendente e improvviso) la poesia ci si offre innanzi tutto come abbagliamento». E Antonin Artaud aggiunge che «sotto la poesia dei testi, c’è la poesia vera e propria, senza forma e senza testo».

Il testo Garibaldigaribaldi suscita una domanda alla quale è necessario dare una risposta. Esiste un rapporto tra il teatro e la storia? Come deve essere trattato un argomento storico? Quale deve essere la metodica di approccio finalizzata alla scrittura drammaturgica? Occorrono alcune consapevolezze. La prima: il drammaturgo è il poeta della scena, non è uno storico. Lo storico racconta solo fatti e avvenimenti realmente accaduti, e documentati. Il drammaturgo racconta invece (anche) fatti e avvenimenti che non sono mai accaduti. Non sono veri, ma sono resi in modo credibile. Attengono alla finzione scenica. Alla funzione poetica del linguaggio, nella prospettiva di cambiare il mondo.

La bellezza è una cosa tremenda. È l’orecchio nuovo originato dalla latitanza di Dio. È la sinestesia che va oltre i cinque sensi. È tutto quello che a fatica ho conquistato o che potrò conquistare con l’attraversamento del campo barbarico. Accetto dunque, inciviltà e barbarie, radicate nel corpo-mente, perché credo che soltanto attraversandole posso coltivare il sogno di una utopia concreta. Abbiamo bisogno di un teatro incivile per un paese civile, non viceversa. Ed è ben radicato il convincimento che il movimento della performance teatrale debba procedere dal fare al dire, dal negativo (implicito) al positivo, alla ricerca di forme e storie barbariche, iperboliche, eccessive, grottesche, paradossali. E paradossalmente si può affermare che il drammaturgo più si allontana dai fatti della storia, più si avvicina al senso delle cose, fino a trovarsi nella condizione di poterlo sfiorare.

Una volta si scriveva senza fare uso della punteggiatura e le parole erano attaccate le une alle altre. La pratica antica è utilizzata – in alcuni passaggi – anche da Romagnoli. Lo scopo è quello di ottenere ritmo ed energia funzionali al processo di comunicazione incentrato sulla scrittura drammaturgica che lo scrittore sottopone all’attenzione del regista nella prospettiva della scrittura scenica. Un esempio. Nel titolo della commedia il cognome dell’Eroe dei due mondi è raddoppiato e attaccato al precedente, così da ottenere un parola “nuova” che assume un molteplice significato. Garibaldigaribaldi può essere monito, amichevole rimprovero, raccomandazione riguardante l’ipotesi di chiusura dell’Hotel, oppure la modalità di approccio del Direttore che ha l’abitudine di lavorare giorno e notte, e di accogliere confidenzialmente gli ospiti.

Guida turistica, Uomo d’affari, Venditore di biancheria, Attrice, Spogliarellista, Maître parfumeur arrivano all’Hotel per partecipare ad un convegno sul tema della <<felicità imperfetta>>: imperfetta perché <<la felicità perfetta genera infelicità… appiattimento, immobilismo>>, commenta la Spogliarellista. Per <<il suo fascino, per le sue risposte esaurienti e precise, per il suo lavoro di rilevanza universale>>, il Direttore dichiara che le verrà assegnata <<la camera 22, dove dimorò prima dell’eroica difesa della Repubblica il famoso Condottiero dalla barba folta, il leggendario comandante, Eroe dei due mondi>>. Gli ospiti dell’Hotel sono tutti ammalati di raffreddore e, per questo motivo, sono sottoposti al rispetto di una regola fondamentale che ha come criteri il modo di starnutire e l’occupazione: <<chi emette uno starnuto, costituito da un solo suono, e fa un solo lavoro, sceglie la C e presenterà una sola relazione al convegno. Colui che nell’atto dello starnutamento sparge due suoni – cioè CU…FU’ -, e compie due lavori, presenterà due argomenti al convegno. Starnutatori con più segni ECCINQU…ESSE…ESSETT enunceranno alcuni discorsi>>. Naturalmente, nell’assegnare la camera 22 alla Spogliarellista, <<il Direttore si affretta a dire che non sta inventando nulla e che tutto è trascritto nello storico registro del Libro rubro>>.

Data la fortunata occasione dell’arrivo degli ospiti e il perdurare del maltempo, al Direttore viene l’idea di mostrare una lettera di straordinario valore: <<una lettera sigillata dell’Altissimo generale, lasciata da un messo a cavallo, due secoli orsono>>, indirizzata dal Generale G. Garibaldi al signor G. Verità (<<amico caro e anima nobile>>), contenente una ingiuria grave. La lettera dovrà essere consegnata all’Hotel Posta, che è stato un rifugio per il Generale e che lo ha sempre accolto con grande <<calore e affetto>>. E se <<l’anima nobile>> del suo amico non potrà salvare lui dall’ingiuria, che provveda – <<data la vicinanza a Dio – a salvare almeno la sua bianca cavalla Pasqualina dal diventare, per il colore della pelle, facile preda della fucileria nemica>>. Quando <<si accende l’alba, il bivacco è tolto>>. E gli occhi della bianca Pasqualina guardano tranquilli il Generale, perché la situazione bellica non è disperata (si sa… <<quando il popolo si desta/Dio combatte alla sua testa>>). E non c’è motivo di disperazione neppure nell’annullamento del convegno sulla <<felicità imperfetta>>. Il Direttore – in piedi nell’atrio dell’Hotel – è consapevole del fatto che la felicità perfetta non esiste: <<che esiste invece la felicità imperfetta, che è, comunque, felicità>>: si tratta di attraversare senza paura la vita, che (purtroppo) finirà.

Cessa il rumore della pioggia. Cessa la pioggia, oppure il rumore della pioggia, perché cessa la pioggia? Siamo alla fine. Il Direttore che fa? Accoglie un cliente immaginario, che entra nell’Hotel. Perché immaginario? Forse anche gli ospiti – venuti per prendere parte al convegno – sono una pura invenzione di scrittura drammaturgica. E, forse, anche la lettera indirizzata al signor Verità, non è vera. Non è vera, ma è credibile. Perché? Qualche volta il teatro parla del teatro, cioè della finzione scenica.

Ho letto e ho immaginato qualcosa di autonomo e di originale. Ecco la drammaturgia dello spettatore. Le prime due commedie – Garibaldigaribaldi e Sopranomi bluesy – mi hanno fatto pensare all’utilizzo eventuale, ma pertinente, di fantocci o di marionette – al posto di attori – manovrati “a vista”. E ho immaginato alcuni frammenti di una storia che ho raccontato a me stesso con rischioso divertimento. Invece, la drammaturgia messa in campo dall’autore con Sopranomi ha implicato agli occhi della fervida immaginazione una tessitura variegata di suoni di natura lignea. Foriera di ludici sviluppi, si è ripetuta esemplarmente al riparo dal gergo dialettale, incanalandosi nella prospettiva del linguaggio a matrice fisica che non ha nulla a che vedere con il recupero archeologico delle forme di cultura popolare.

Il testo teatrale Smemorati merita di certo un chiaro apprezzamento per le battute mordaci e per il sapiente montaggio delle sequenze incentrate sul crollo dell’amicizia esistente tra i due protagonisti: due bambinoni stupidi, che potrebbero avere 150 anni. Mi diverte l’idea di pensare che sono invecchiati ripetendo le stesse parole. Il testo, spurgato com’è di aura drammatica, si offre come ghiotta occasione per la messa in vita di un evento performativo post-drammatico, escludente la pratica della rappresentazione.

Alla Casa Editrice va riconosciuto il merito di aver pubblicato le opere con l’implicito riconoscimento del valore artistico che hanno nell’ambito dei migliori risultati di drammaturgica nazionale.

 

Valter Romagnoli, Ri-trovati.

Garibaldigaribaldi-Sopranomi bluesy-Smemorati, Il Formichiere, Foligno 2018, pp. 119, euro 15.00.