Coefore Rock & Roll: il giardino apocalittico di Cosimi di Tiziano Di Muzio

Echi di rumori e ritmi assordanti. L’atmosfera blu e violacea riempie i padiglioni dell’ex Mattatoio, lungo il corridoio che delimita il percorso della fila ordinata e silenziosa. Dietro l’ultimo angolo bianco, l’Apocalisse: un dipinto di Hieronymus Bosch dentro il quale ci si sta per immergere. Un lungo e stretto tappeto ghiaccio delimita e apre lo spazio come un tunnel interminabile di cui non è visibile l’uscita. Tappeti dai colori vivaci e lavorati a maglia, ricordo di tempi lontani, giocattoli, bambole, dinosauri accuratamente posizionati, secchi e oggetti multicolore fanno da scenario al più cruento degli omicidi, quello commesso nei confronti di chi custodisce la vita nel proprio grembo. Un matricidio, con i suoi incubi e la sua ferocia all’interno di un mondo onirico e fanciullesco.
Coefore Rock & Roll, presentato in prima nazionale il 24 e 25 ottobre nell’ambito della trentacinquesima edizione del Romaeuropa Festival, è il secondo lavoro del progetto Orestea. Trilogia della Vendetta firmato dal coreografo e regista Enzo Cosimi. Nel 2019 l’artista romano aveva iniziato questo nuovo percorso di ricerca con Glitters in My Tears. Agamennone. L’architettura e il concept del concerto – performance proposto da Cosimi unisce sapientemente musica, testo e movimento. Non mancano i riferimenti alle arti visive e alla sfera sessuale che da sempre rappresentano il segno inconfondibile della poetica e della visione del coreografo.
Luce fredda. Musica tecno, fragorosa. Clitennestra ed Elettra impugnano i loro tappeti di lana a fiori, si coprono e si scoprono mostrando i corpi passionali e atletici. Solo un semplice body color carne le veste mettendo in risalto un trucco volutamente marcato e occhi di fuoco, tragicamente determinati e combattivi. Ai piedi calzettoni di spugna e scarpe da ginnastica. Sfilano. Più giù, verso le profondità di uno spazio dilatato, Oreste e Pilade, uno accanto all’altro, bevono e rigurgitano ripetutamente latte. Gialli passamontagna, corpi scultorei: maschere bifronti che nascondono il doppio profilo del primo eroe moderno. Lottano contro la dannazione e vorrebbero ristabilire un ordine che, ormai, non esiste più. Ora è la volontà e la responsabilità di dover decidere a far intravedere il vuoto, l’abisso imminente. L’assassinio della propria madre diventa il vortice entro cui i muscoli e le ossa si compongono e scompongono senza trovare una tregua. Allungati a terra, coprono le loro algide figure con il calore di tessuti intrecciati e variopinti. 

Foto di Piero Tauro

Cadute, cambi di posizione. Contrasti. Sette figure incappucciate e vestite di nero entrano in costante contrasto con l’ambiente circostante. Le Erinni, giovani danzatrici, allieve dell’Accademia Nazionale di Danza e del progetto di perfezionamento DA.RE., cambiano continuamente posa e si scattano foto. I movimenti sono ripetitivi, mortuari e, all’inizio, confluiscono in una processione-funerale che le vede perfettamente allineate su uno dei due perimetri più lunghi dello spazio. Clitennestra ed Elettra si accarezzano i capelli; in sottofondo un’eco di voci accompagna il tappeto musicale. Poi, i quattro interpreti vestiti di “carne” esibiscono tutta la plasticità e la forza dei loro corpi con contorsioni, ribaltate, salti e movimenti reiterati. In lontananza, una figura con la testa a punta apre e chiude le braccia. Osserva. Da una lunga distanza le due donne si cercano con lo sguardo. Cambio. Riquadri di luce bianca, musica sempre più forte e assordante mentre i protagonisti si coprono contemporaneamente con i tappeti-mantello. Tolto il cappello a forma di cono, lo strano figuro attraversa nervosamente la passerella tra l’immobilità totale della scena.
Frastuono, via i tappeti. Disordine, scardinamento. L’efferato omicidio si compie al ritmo delirante del lancio degli oggetti di scena, mitigato soltanto da una sorta di gioco infantile e macabro. Finita l’azione, tutto è riordinato e le “armi del delitto” raggruppate rapidamente in punti ben precisi dello spazio performativo. I quattro personaggi escono dalla scena lasciando il posto alla danza vorticosa delle Erinni che, abbandonato il copricapo funebre, roteano la testa all’unisono. I capelli disegnano corpose circonferenze che tagliano l’aria accompagnate dal suono della chitarra elettrica. Una danza di liberazione o espressione di corpi posseduti? Raggiunto il punto culminante, l’energia si spezza e le danzatrici cadono a terra come morte. Clitennestra attraversa il tappeto esibendo una chitarra fuxia. Il suo sguardo buca il tempo e lo spazio. È determinata e con passo deciso arriva al centro: l’ordine e il silenzio sono ristabiliti. Apparenza, pura apparenza. Oreste e Pilade la raggiungono mentre lei intreccia i suoi capelli tra le dita. Elettra, statuaria, appare con due rami in mano; ora l’attenzione dei due uomini è rivolta a lei. Le si avvicinano. Elettra apre le braccia e adagio solleva i rami e dispiega le ali stecchite e sterili. La figura si espande nell’etere e i suoi piedi sono racchiusi dentro scarpe da punta che sbattono con veemenza a terra come a voler sottolineare le parole che, in sottofondo, s’insinuano prepotentemente. Oreste e Pilade si muovono lentamente. Le muscolature s’ingigantiscono e i nervi si tendono, preludio a quella prova di forza e mascolinità che li vedrà protagonisti di lì a poco. Clitennestra si allontana abbracciando lo strumento; il suo corpo si fa terra, culla in cui tornare, senza fretta. La chitarra giace fiera su di lei. Elettra lascia cadere i rami e raggiunge l’altra protagonista. Tra di loro inizia un gioco di specchi. Riflessi, similitudini e corrispondenze sotto gli occhi dei due performer immobili. La staticità ha una breve durata.

Foto di Piero Tauro

Ora corrono e si rincorrono, così, all’improvviso calcando tutta l’area. Elettra scompare. Esodi, entrate e uscite ripetute attraverso una porta laterale. Il moto continua fino allo stremo delle forze, come bambini che inconsapevoli della stanchezza non vogliono smettere di giocare. Poi, silenzio. Si percepisce solo il calpestìo dei piedi che, lentamente, rallentano la marcia. Camminano, il respiro è affannoso e i muscoli turgidi brillano di sudore come le acque increspate al sole. Ancora un deciso cambio d’atmosfera: è il segno di Gianni Staropoli, da anni collaboratore di Enzo Cosimi per il disegno luci, a evidenziare, ancora una volta, stati d’animo, inquietudini e quella drammaturgia del corpo che contraddistinguono il lavoro del regista. Clitennestra ed Elettra, Oreste e Pilade si fermano in cerchio. Incontri, sguardi. Un nuovo modo di percepirsi. Poi, ancora la separazione e il lancio di oggetti. Spostamenti. I tappeti tornano a essere protagonisti: quattro mantelli che vestono le figure allineate. Attraversamenti, due per volta: marcia e capitomboli. Ecco che i manti si trasformano continuamente in cappelli, sciarpe, trofei e sacchi. Sfilate e nuove cadute. Corpi che si rompono e che ricostruiscono costantemente, esibendo tecnica e forza fisica, l’equilibrio nell’alternarsi del lavoro sul pavimento con quello a livelli superiori. L’azione si evolve fino all’unione dei pesanti tessuti come a formare una barriera, uno scudo di lana, a protezione dei quattro protagonisti. Una figura nerovestita tocca i visi dei performer segnandoli di rosso, immagine di un rituale lento, ipnotico e crudele. Clitennestra ed Elettra, Oreste e Pilade indietreggiano spostando dietro di loro il “muro” di stoffa seguiti dai rotolamenti delle Erinni che invadono la scena accompagnate da rumori di sottofondo. La parete crolla. Tutto è compiuto. Sulla scena vuota irrompe Lady Maru, dj incappucciata con maschera argento, icona della Club Culture e della musica techno sperimentale romana e internazionale. Con lei un tavolo e un pc, sorgente di suoni estremi portati a volumi eccessivi. Buio, solo un fascio di luce bagna quello che resta del giardino apocalittico di Cosimi.
Un pubblico attento e composto, posizionato sui quattro lati della Galleria delle Vasche, applaude fragorosamente al debutto romano di Coefore Rock & Roll; le distanze sono quelle attuali imposte dall’emergenza. Ognuno ha osservato da una diversa prospettiva, un differente focus da cui guardare, immaginare e viaggiare durante l’ultimo spettacolo in programma prima della chiusura dei teatri.

Coefore Rock & Roll

regia, coreografia, scene e costumi Enzo Cosimi
drammaturgia Enzo Cosimi, Maria Paola Zedda
danzatori Alice Raffaelli, Francesco Saverio Cavaliere, Luca Della Corte, Roberta Racis
figure in nero Francesca Adamo, Carlotta Floridia, Francesca Formisano, Francesca Neri, Giulia Pirandello, Elettra Rossi, Valentina Sansone
assistente Corinna Anastasio
musica dal vivo Lady Maru
disegno luci Gianni Staropoli.

Romaeuropa Festival, Mattatoio / Galleria delle Vasche, 24 e 25 ottobre 2020.